Una mastoplastica additiva come regalo per il 18esimo compleanno. Sono sempre di più le ragazze che, ai genitori, chiedono un seno più grande per festeggiare l’ingresso nella maggiore età. Emanuele Bartoletti, presidente della SIME, la Società Italiana di Medicina Estetica, ha lanciato l’allarme: “La medicina non deve diventare una moda dettata dai social”. Anche perché, sui social, tutto sembra molto più semplice di ciò che è. Influencer e aspiranti tali mostrano i risultati dei loro interventi, senza parlare dei rischi, o del post-operatorio, ma concentrandosi unicamente sull’equazione più bella = più felice.
In realtà, rifarsi il seno non è certo come applicarsi un nuovo make-up. Ed è fondamentale che un corpo abbia completato il suo naturale sviluppo per potervi intervenire.
Perché, se dal 2012 è vietato dalla Legge operare al seno una ragazza minorenne per finalità estetiche, è anche vero che – quelle stesse ragazze, talvolta incoraggiate dalle madri – chiedono la mastoplastica additiva non appena compiono 18 anni. Un’età che, in termini di sviluppo anatomico, non è troppo diversa dai 16 o dai 17.
Io, da chirurgo con anni d’esperienza e centinaia di interventi alle spalle, condivido la preoccupazione del dottor Bartorelli: l’adolescenza è un periodo colmo d’incertezza e di insicurezza, ed è fondamentale riflettere bene prima di sottoporsi a un intervento estetico che cambia la fisionomia del proprio corpo.
In genere, alla decisione di operarsi, si arriva infatti dopo un disagio manifesto. Un disagio dovuto ad asimmetrie, seni tuberosi, patologie o difetti estetici che hanno reso la vita post-sviluppo particolarmente complicata, in una società in cui bullismo e prese in giro sono lungi dall’essere sconfitti. Le ragazze che chiedono un nuovo seno non appena compiono 18 anni, salvo rari casi non hanno alcun disagio psicologico: considerano la mastoplastica additiva un vezzo, come se fosse un gioiello o una macchina. E questo è pericoloso perché, l’inserimento di una protesi, crea uno sconvolgimento nell’organismo. A 18 anni non si ha la maturità per comprenderlo a pieno, né per capire ciò che si sta facendo. E, l’incoscienza, è incompatibile con un intervento che potenzialmente dura per la vita.